IL MORTARA IN SERIE C

 



Che la provincia di Pavia sìa, in ambito nazionale, calcisticamente terzo mondo è sempre stato uno dei miei crucci.

Se consideriamo le squadre, quella del capoluogo non è mai stata in Serie A e può vantare cinque misere stagioni in Serie B, l’ultima nel ’55, solo Sondrio tra i capoluoghi di provincia ha fatto peggio non essendo mai stato in B. Neppure con le novità geografiche e le ultime tre province lombarde, Lodi e Monza, le cose non  cambiano: vero che Fanfulla e Monza non sono mai state in A, ma hanno fatto molta più B del Pavia, specialmente i brianzoli che in B ci hanno abitato quasi sempre. Il Lecco ha fatto tre campionati di Serie A.

C’è qualcosa tra i calciatori: il Gino Pelagalli è stato quello che ha fatto la carriera migliore tra Milan, Roma e Atalanta; con i rossoneri ha vinto lo scudetto del '62 e la Coppa dei Campioni  '63. Il mio compaesano e maestro Carlei Tacchini, dopo aver fatto l'intera trafila alle giovanili dell'Inter, entrò in rotta di collisione con il mago Herrera (e forse anche qualcun'altro in coscietà), che non vedeva di buon ochhio i terzini che facevano tunnel agli attacanti avversari all' interno della propria area e si accasò prima a Bari e poi  a Trani. Garlaschelli che vinse lo scudetto con la Lazio nel ’74. Virginio de Paoli da Certosa centravanti titolare nella Juve scudettata del ’76 e qualche bella stagione a Brescia. Moschino, grande carriera tra Novara e, soprattutto, Toro. Negli anni trenta Valentino Sala che giocò con Genoa e Inter . Suo figlio Beppe, mia cara e vecchia conoscenza fece una bella carriera in B con qualche puntata in A e in C e giocò in tutte e tre le squadre di cui mi importa veramente qualcosa in Italia e nelle quali avrei sempre voluto giocare anche io: Genoa, Alessandria e Pro Vercelli; devo ammettere che gliel’ ho sempre invidiata.  Il suo amico Maestri: Sampdoria e, mi pare, Palermo. Poi altri: Pozzi, Mascheroni, Lanzi, Carrera, Regali e poi i pionieri lomellini Rampini, Binaschi, Ticozzelli questi si di grandezza assoluta ai tempi loro.

Ci sarebbe poi Piola, nato a Robbio vero, ma erano gente di Vercelli e rientrarono in città quando Silvio aveva un anno.

Poi c’è stato Brera si, l’ho sempre amato e ammirato. Sempre stato orgoglioso delle sue origini bassaiole, cinque chilometri da qui, dieci minuti in bici. Ma, uno: non ha mai giocato e, due:  alla fine tutto quello che era, fece e diventò lo fece a Milano e grazie a Milano, Pavia e provincia c’entran niente o quasi. Niente di male, l’ affinità da principi della zolla rimane.

Per quel poco che abbiamo avuto, tornando al calcio giocato, in provincia la capitale è sempre stata Vigevano: undici campionati di Serie B tra il 1931 e il 1959 ne formarono al tempo il pedigree, più altri diciannove di C.

Vigevano, Lomellina. Della quale, benchè ne sia il centro più grande, noto e in passato più industrializzato, non è mai stato capoluogo. Onore toccato per quei quarant’anni scarsi in cui fu Provincia a Mortara, più centrale, più profondamente agricola, più tipicamente lomellina.

Sono questi, posti che visitavo quando, in età scolastica, accompagnavo mio padre nei suoi itinerari di lavoro nei miei periodi di vacanza e, ragazzino delirante per il calcio, mi emozionavo leggendo il nome delle città più o meno circostanti sui cartelli stradali.

A Mortara si leggevano, e si leggono ancora, cartelli per Alessandria, Casale, Vercelli, Novara. Anche altri, ma soprattutto questi: il Quadrilatero Piemontese! Ora, se disegniamo il quadrilatero, Mortara ne resta appena fuori, in realtà essendo un quadrilatero immaginario e come se vi si trovasse al centro.

Calcisticamente, però, niente. Forse la posizione a ridosso di questi ex-giganti del calcio italiano ha sempre tarpato le ambizioni calcistiche mortaresi, forse. Certo con squadre del genere a un tiro di schioppo, è facile immaginare come i talenti, a Mortara e dintorni, se mai ce ne sian stati, prendessero velocemente altre strade. E così sia! Ho sempre amato la grandezza del Quadrilatero.

Fondata nel 1920, l’ AC Mortara ha vissuto i suoi momenti migliori tra la fondazione e il 1954, anno in cui fu retrocessa dalla Promozione Lombarda, non esisteva la Serie D, alla Prima Categoria. Seppe ritagliarsi lembi di fama e di gloria  nell’immediato secondo dopoguerra, grazie anche all’organizzazione approssimativa e fortunosa dei campionati, necessariamente allargati ad un’infinità di gironi predisposti per poter agevolare le difficoltà di spostamento dell’epoca.

Iscritta alla Serie C nella precaria stagione 1945/46 finì 5° nel girone F e sorprese tutti nel 1946/47 vincendo il Girone D e qualificandosi agli spareggi per la promozione alla Serie B.  Inserita nel mini girone con Monza e Vita Nova Ponte S.Pietro, perse l’incontro d’esordio con questi ultimi all’Arena di Milano, 4-2 il finale. Bella ed inutile la vittoria sul Monza (2-0) in virtù del pareggio 0-0 tra questi ultimi e la Vita Nova che fu così promossa. Ma era comunque una Serie C frammentatissima  in una miriade di gironi, 266 squadre tra nord, centro e sud, troppe per poter dare un qualche valore. Troppe anche in B, 54: tre gironi, come la C odierna.

Di tutt’altro valore fu invece il secondo posto del 1947/48 che dava accesso alla nuova Serie C che a partire dal 1948/49 avrebbe avuto 82 squadre suddivise in soli quattro gironi nazionali. Non ci furono quindi promozioni in B nel 1947/48, solo le prime due di ogni girone si sarebbero qualificate alla serie C nazionale della stagione successiva.

Il Mortara allestì una squadra interessante, ovviamente con restrizioni e peculiarità dell’epoca. Attorno al veterano professionista Piero Colli, un vigevanese che aveva un sacco di esperienza di Serie B con i ducali, ma anche di A con Lucchese e Inter, erano arrivati l’attaccante Collimedaglia, ragazzo del posto che aveva girovagato un po e alla fine del conflitto si era ritrovato ad Arezzo; Giovanni Cuzzoni , vun dal Bùrg, che diventerà una leggenda del calcio pavese; oltre a Di Cuonzo e Mascherpa lasciati liberi dal Vigevano. A loro si aggiungevano elementi locali e un certo Annibale Frossi in panchina. L’interessante ensamble fece un campionatone e finì secondo dietro al Casale, qualificandosi alla Serie C nazionale del 1949/50.

Frossi, oro a Berlino con gli azzurri ed ex-colonna dell’Ambrosiana in Serie A, in cerca di una via verso la sua affermazione come tecnico, lasciò  a fine stagione per Monza. Al suo posto il presidente Colli ingaggiò Oreste Barale che fece il percorso inverso di Frossi da Monza.

Barale era stato un grande mediano della Juventus, con la quale aveva vinto gli scudetti del ’26 e del ’31, prima di essere ceduto all’Alessandria; e aveva giocato solo in Serie A. Ad Alessandria divenne un idolo della tifoseria che ne apprezzava le doti di infaticabile ed onesto gregario, ruvido ma corretto, fu capitano dei grigi. Dunque una grande personalità per la panchina di questo Mortara 1949/’50 e una stagione da incorniciare, terzo posto nel girone A (22 squadre) a soli tre punti dal Fanfulla promosso.

Per la stagione successiva furono ingaggiati gli attaccanti Biraghi, che aveva giocato nel Milan dieci anni prima e poi nel Padova ma era fermo da qualche anno, e Bonelli, un novarese che veniva dalla Pro Patria in Serie A.

Fu una grandissima stagione che il Mortara condusse al vertice e terminò al primo posto, 55 punti, a pari merito con il Seregno. Ma il finale di stagione fu drammatico, le ristrettezze economiche non consentirono alla squadra di affrontare le spese per andare a giocare lo spareggio a Milano! E in Serie B, stavolta a girone unico e di tutt’altro valore rispetto a due anni prima, ci andò il Seregno a tavolino. Io non riesco a crederci.

Gli strascichi della rinuncia del giugno precedente si  protrassero nella nuova stagione, che  si annunciava difficile, viste le ristrettezze economiche, ma i giocatori, inizialmente,erano rimasti e anche l’allenatore.

A nobilitare quel campionato di Serie C, un prestigioso imprevisto nella forma e sembianze dell’ US Alessandria, inopinatamente caduta dalla Serie B nella stagione precedente.  Ed ex-squadra di Barale.

Dunque eccoli qui i Grigi, una delle formazioni più prestigiose del calcio italiano, una società che mai prima di allora aveva calcato i campi della terza serie, decisamente poco consoni a cotanto blasone, ma tant’è, così è lo sport.

Domenica 15 ottobre 1950 è davvero una giornata particolare per Mortara. Al Campo Sportivo Comunale l’ Alessandria è ospite in campionato, è prima in classifica, favorita sia in campionato che per la partita e annunciata con numerosissimo pubblico al seguito. L’attesa creata per l’avvenimento fu grande, gli sportivi alessandrini seguirono in massa la squadra, quelli di casa risposero ottimamente ma vennero sovrastati numericamente 1 a 3.

Il Mortara giocò una partita gagliarda e mise alla frusta per tutto l’incontro, ma specialmente nel primo tempo, i più quotati ed illustri avversari che faticarono a contenere l’urto degli avversari su un terreno difficile al quale non erano abituati.

I padroni di casa battono il calcio d’inizio e sull’avanzata Ravasi tira una tremenda legnata che colpisce la traversa. La palla rimbalza in campo, ci si fionda Biraghi che di testa infila il gol dell’ 1-0, è passato poco più di mezzo minuto. Lo stupore dei supporters alessandrini è grande almeno quanto l’esultanza dei tifosi di casa.

Quindi al quarto d’ora Biraghi serve un pallone perfetto a Bonelli che staffila imparabilmente da appena dentro l’area per il 2-0.

Per l’Alessandria è notte fonda, la corsa gagliarda degli avversari li mette n crisi, la palla stà poco per terra, un rush ‘n push inglese ante litteram in salsa lomellina. La difesa grigia è frastornata, ancorchè incompleta. Le assenze del centromediano Vitto e della sua riserva Bagliani hanno costretto Cargnelli a schierare Scarrone in quella posizione, ma il reparto fa acqua. Fortunatamente per loro Giorcelli è abbastanza in palla e sventa altre tre clamorose occasioni gol che Vay, non in grande giornata, sciupa malamente.

Cargnelli corre ai ripari e porta Guaschino in posizione di centromediano scambiandolo di posto con Scarrone, l’equilibrio di squadra migliora e i grigi riescono a proporre qualche controffensiva senza lasciare sempre il fianco scoperto. Già al 27’ combinazione Albertelli-Savoini, quest’ultimo centra bene in area dove Giraudo di testa insacca il pallone del 2-1.

Nel secondo tempo l’Alessandria, rinfrancata dal nuovo assetto tattico e accostumata al terreno scende in campo con tutt’altro piglio. In un crescendo costante, aumenta l’intensità delle proprie offensive, e trova il gol del pareggio con Savoini su azione e assist dell’ala Daina. Poco dopo viene espulso Mascherpa e il Mortara che comunque godeva di una condizione fisica inferiore a quella dei più quotati avversari comincia a cedere.

L’Alessandria spinge a fondo e costruisce altre occasioni. Poi  con un bel serrate finale assedia la porta di Rossi  ma la difesa lomellina resiste con grande caparbietà e riesce a condurre in porto un pareggio meritato.  Un partitone!

Il pareggio naturalmente non accontenta nessuno, così come la stagione che si rivelerà deludente per entrambe le squadre. L’Alessandria finirà quarta, mai in lotta veramente col trio di testa e il Mortara, dopo questa prova di orgoglio, smarrirà la strada schiacciato da una condizione economica drammatica e finirà ultimo in classifica retrocedendo in Promozione. Non si risolleverà mai più.

 

 

Campionato di Serie  C 1950/51, 4° Giornata – Girone A

Mortara - Stadio Comunale,  15 Ottobre 1950

AC Mortara:  Rossi; Re, Galletti, Mascherpa, Crippa, Tacchino; Zorzolo, Ravasi, Vay, Bonelli, Biraghi.

All. Oreste Barale

US Alessandria: Giorcelli; Scarrone, Gabbiani, Arezzi, Guaschino, Pietruzzi; Dania, Albertelli, Giraudo, Soffrido, Savoini.

All. Tony Cargnelli

Reti: 1’ Biraghi (M), 16’ Bonelli (M), 26’ Giraudo (A), 67’ Savoini (A)

Note: Espulso Mascherpa (M) al 70’.

Spettatori: Oltre 4.000, di cui 3.000 provenienti da Alessandria

Arbitro:  Mazzoni (Parma)

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