APRILE ’74: DECLINE & FALL
Nella primavera del ’74, mentre altrove si scaldavano i
motori e salivano le aspettative per il mondiale tedesco in programma a giugno
di quell’anno, gli inglesi se ne stavano
a leccarsi le ferite, delusi e feriti dalla cocente eliminazione della
nazionale nei gruppi di qualificazione a Monaco ’74 e a riflettere
sull’effettiva intelligenza del CT Ramsey dopo la sua infelice, a posteriori,
uscita sul portiere polacco Toazsewski e
un sistema di gioco ormai sorpassato.
Sulle orme della nazionale si stava dipanando un’altra
caduta dal piedistallo, quella del Manchester United che, a meno di sei anni di
distanza dal trionfo in Coppa dei Campioni, unica squadra inglese a riuscirci
fino a quel momento, si trovava in quell’aprile ’74 con un piede in II
Divisione.
La difficile successione di Busby, passato alla compagine
dirigenziale, si rivelò fallimentare e i primi due incaricati, McGuinness e O’
Farrell, non durarono più di una stagione ciascuna certamente non aiutati dall’
abbandono, uno dopo l’altro, degli artefici dei trionfi late ‘60s e dalla loro
sostituzione con giocatori chiaramente non all’altezza.
Tra il ’70 e il ’71 quasi tutti i grandi avevano lasciato,
chi ritirato, chi ceduto a squadre meno competitive., neppure il ritorno di
Busby in panchina era riuscito ad arrestare la pericolosa discesa in classifica
della squadra. Nel dicembre ’72 con il
baratro retrocessione spalancato davanti il club ingaggiò, su suggerimento di Denis
Law, il carismatico CT della Scozia Tommy Docherty che riuscì a salvarli per il
rotto della cuffia. Confermato, Docherty si trovò poco più di un’anno più tardi
a fissare il medesimo baratro, complice l’aumento delle retrocessioni , passate in
estate da due a tre.
A fine ’73 Docherty concesse a Law, infortunatosi al
ginocchio, la lista gratuita, l’ultima cosa che probabilmente immaginava è che
quest’ultimo si sarebbe accordato proprio con i dirimpettai del City, nelle cui
file aveva militato ad inizio carriera prima della parentesi granata.
Ma undici anni di militanza con i red devils avevano
lasciato un segno indelebile nel cuore del grande scozzese, Pallone d’Oro nel ‘64
ricordiamolo, sentimento ricambiato dai sostenitori che lo avevano ribattezzato
senza possibilità di equivoco ‘The King of Old Trafford’. E lo fu davvero.
A due giornate dalla fine la situazione per i Red Devils
appariva ormai compromessa. 20 sconfitte su quaranta partite e il peggior
attacco del campionato non lasciavano spazio ad alcuna previsione ottimistica,
ma una miniserie di sei risultati utili consecutivi avevano ridato un briciolo
di speranza. Lo United non aveva
alternativa se non quella di vincere entrambe le partite e sperare
contemporaneamente in due doppie sconfitte di Birmingham e West Ham per evitare
di sprofondare in 2 Divisione.
Il primo dei due incontri salvezza, guarda un po, era
proprio la stracittadina, in programma sul proprio terreno il 27 aprile, per lo United partita da
vincere ad ogni costo e sperare poi in risultati favorevoli altrove.
Old Trafford è gremito la tifoseria, come sempre passionale,
risponde in massa all’ appuntamento. Stretford End piena all’inverosimile, una bolgia ribollente
passione. Passione trattenuta a stento, alcuni tifosi invadono il campo mentre i
beniamini di casa si riscaldano nei pressi dell’area sotto la gradinata.
All’altra estremità del rettangolo verde, il grande ex
saltella infreddolito, i polsini delle maniche come sempre trattenuti nei
pugni; qualche tocco alla palla, una risata.
Lo United è in formazione tipo, la linea d’attacco è
composta da Morgan,McIlroy, Macari, Mc Calliog e Daly, che fino a lì non erano
riusciti a combinare granchè.
City pure in formazione tipo con una linea d’attacco questa
si di qualche valore, pur se un tantino attempata: Summerbee, Bell, Lee, Law e
Tueart, una posizione di classifica più tranquilla, sei punti in più dei rivali,
e salvezza già acquisita. Nient’altro per cui giocare se non la supremazia
cittadina e la ghiotta occasione di spingere definitivamente i rivali nel
burrone.
Lo United comincia col piede giusto ed esercita pressione.
Su angolo calciato da Morgan, Corrigan esce male, la palla è svarionata e
finisce tra i piedi di Macari il cui lob viene respinto sulla linea dalla
difesa ospite.
Quindi bello spunto sulla destra di Daly che mette un bel
cross sul primo palo, ci si avventa dritto
McIlroy, colpisce di testa , fuori di un soffio. La pressione esercitata
nel primo tempo si rivela comunque, come era successo per tutto il campionato,
priva di efficacia e la difesa ospite se la cava. Su un tiro di Oakes dal
limite si chiude la prima frazione.
Birmingham City, West Ham e Southampton sono tutte andate al
riposo in vantaggio, non è detto quindi che un’eventuale miracolo qui, nella
poco probabile forma di un golletto-vittoria, possa bastare.
La prima azione del secondo tempo è di McIlroy in area, va
sul fondo, cerca di girarsi ma l’attento Booth lo ferma in angolo. Sul tiro
dalla bandierina c’è la migliore occasione della partita per lo United: palla
spiovente in area, Holton controlla e serve McIlroy che si gira fulmineamente
staffilando in porta, Corrigan è battuto, ma Barrett respinge sulla linea.
End to end now, Corrigan serve Summerbee che riparte al
galoppo, porta palla, quindi apre sul lato sinistro per Tueart che stoppa di
petto in corsa, entra in area e batte sull’uscita d Stepney, la palla colpita
toppo d’interno finisce molto lontano dal palo alla sinistra del portiere.
Il City prende il controllo, una fuga di Barrett verso il
fondo viene sventata in angolo. Sul tiro dalla bandierina la palla sorvola l’area
e giunge sui piedi di Tueart appostato al limite. Il suo pallonetto si stampa
sulla traversa.
Quindi un gran tiro in corsa dal limite, ancora di Tueart, è
sventato bene da Stepney.
Poi, ciò che nessuno dei presenti, sebbene probabilmente
ormai rassegnato alla retrocessione, osava immaginare si materializza. All’ 80’
Booth ferma un’incursione di Morgan nella propria metà campo e serve Summerbee.
Da questi a Bell che riceve a cavallo
della linea mediana e avanza trenta metri palla al piede e giunto ai venti
metri evita un avversario e serve Lee. Law si sposta verso il dischetto
portandosi dietro un avversario e
aprendo la via a Lee che scatta in diagonale inseguito da Buchan, quindi mette
in mezzo dove proprio Law, al limite dell’area piccola spalle alla porta,
trafigge Stepney di tacco.
Non c’è esultanza, Law rimane fermo, le braccia abbandonate lungo i
fianchi, un espressione di incredulità stampata in faccia. Non crede che il
pallone possa essere entrato.
Sopraggiunge Bell che si congratula con lui abbracciandolo,
lui non se ne da per inteso. Bell gli molla un paio di schiaffetti sotto il
mento come a dire ‘coraggio dai, esulta’, Law non lo guarda nemmeno con
l’espressione di chi stà pensando ‘ Lasciami perdere coglione’. Ne arrivano
altri tre, lo abbracciano, forse il solo Lee capisce e non insiste.
Centinaia di tifosi si riversano in campo dalle due
gradinate. L’arbitro non fa riprendere il gioco, chiama a se i giocatori
invitandoli ad uscire e si avvia a bordo campo, parlotta con Docherty e qualche altro. Matt Busby dagli
altoparlanti invita il pubblico a sgombrare il terreno di gioco, la folla si
disperde e riprende posto in gradinata. Si riprende.
Law è scosso, sconsolato, rientra con gli altri, ma resta
fermo, impalato, uno zombie. Dopo pochi secondi, incurante della partita
ripresa, si avvia a testa bassa verso gli spogliatoi, lo sostituisce Henson.
Dirà più tardi Rodney Marsh quel giorno in panchina
infortunato: ‘ Riuscii a vedere Denis da stare in panchina, sbiancato in faccia,
sembrava avesse visto un fantasma. Vagava per il campo, incosciente di dove
fosse e cosa stesse facendo. Dissi a Tony Book che mi sedeva accanto: toglilo, è completamente andato. Negli
spogliatoi era infelice come non lo
avevo mai visto. Era sconsolato, mi disse che solo un’altra partita prima di
quella lo aveva fatto sentire così male ed era quella in cui l’Inghilterra
vinse il mondiale.’
La partita riprese, una bomba fumogena esplose nella
Stretford End, all’ 85’ un’altra più massiccia invasione costrinse l’arbitro a
fermare di nuovo l’incontro.
Una volta rientrato
negli spogliatoi, il Sig. Smith, dopo aver appreso i risultati dagli altri
campi che condannano lo United alla retrocessione qualsiasi sia il risultato
della partita in corso, dichiara chiuso l’incontro. Il 3 maggio la FA omologò
il risultato.
Il gol di Law risultò ininfluente per la retrocessione dello
United. La vittoria contemporanea del Birmingham City sul Norwich avrebbe reso
inutile anche un’eventuale vittoria. Ovviamente al momento del gol nessuno in campo
ne era consapevole.
Per Law fu l’ultima partita in campionato. Il gol di tacco
fu l’ultimo tocco che diede ad un pallone dopo diciannove anni di carriera, 602
partite e 303 gol. Un gol che non avrebbe mai voluto segnare come dichiarò poi:
‘Dopo diciannove anni passati a tentare di tutto pur di segnare, quella fu
l’unica volta in cui sperai davvero che la palla non entrasse.’
Al giornalista che gli chiese quanto durò la tristezza per
quel gol rispose: ‘Quanto tempo fa fu quella partita? Quella è la tua
risposta.’
Una chiusura triste e beffarda per una carriera contraddistinta,
tra le altre cose, da un sincero gusto per la beffa sportiva, un buonumore
contagioso e la risata sempre pronta e stampata in faccia.
Manchester, Old Trafford – 17 aprile 1974
1st Division – 41ma Giornata
Manchester United 0-1 Manchester City
Manchester
United: Stepney, Forsyth, Houston, Greenhoff, Holton,
Buchan, Morgan, Macari, McIlroy, McCalliog, Daly - All. Tommy Docherty
Manchester
City: Corrigan,
Barrett, Donachie, Doyle, Booth, Oakes, Summerbee, Bell, Lee, Law (83’ Henson),
Tueart - All. Tony Book
Arbitro: D. Smith (Gloucestershire)
Reti: 82’ Law (MC)
Spettatori: 56.966
Playlist:
I wanna be adored – Stone Roses
True faith – New Order
What difference does it make? – The Smiths
Don’t look back in anger – Oasis
Two words collide – Inspiral Carpets
Commenti
Posta un commento