EDDIE CAVANAGH, 1966 AND ALL THAT…
FA Cup final oggi, un racconto da una vecchia finale.
Il 1966 fu un anno molto importante per il calcio inglese, invero l’anno in cui la squadra
nazionale degli inventori e (forse già allora ex) maestri del calcio salirono sul gradino più alto
del mondo vincendo la Coppa Rimet, disputata sui campi di casa a fine luglio.
Un vento di grandi cambiamenti e ottimismo soffiava impetuoso sull’Inghilterra di metà anni
60, la rivoluzione giovanile, in piena esplosione, stava influenzando i gusti e gli orientamenti
di gran parte dei ragazzi occidentali.
Trainata dai gruppi rock/pop che dominavano le
classifiche di mezzo mondo la Swinging London, termine originatosi proprio durante quella
primavera del ’66, era diventata il faro della cultura giovanile mondiale, non solo musica pop
ma anche moda, con Mary Quant e Carnaby Street in prima fila, cinema e fotografia.
Il tutto prese via pochi anni prima in un’improbabile (ma fino a un certo punto e musicalmente
spiegabilissimo) centro del nord ovest industriale.
Liverpool, grigia e malinconica, una città dura, porto principale dell’Impero verso l’America.
La città che in epoca vittoriana contava più milionari (in sterline) di ogni altro posto al mondo,
ma anche una working class sterminata, una città ai margini della mondanità.
Il traffico
marittimo con gli Stati Uniti fece si che già dal primo dopoguerra gli abitanti venissero
in contatto con le novità musicali che provenivano dall’altro lato dell’Atlantico grazie al
personale marittimo che diffondeva in città i dischi acquistati in USA. Questo fu fondamentale
nella formazione di parecchi complessini musicali formati dai ragazzi del posto e che andarono
poi a formare quel movimento noto come Merseybeat che fu all’origine di tutto ciò che venne
dopo.
L’esplosione di uno di questi gruppi, i Beatles, su scala nazionale, mandò in orbita anche
la città.
Ma la gran parte degli abitanti, composta da lavoratori portuali, delle industrie e dei depositi
manifatturieri, non si scrollò dal grigiore che aveva caratterizzato la vita di Liverpool
nell’immediato dopoguerra e poi negli austeri anni 50, e continuava imperterrita a seguire con
grande ardore e in grande numero il classico passatempo delle classi lavoratrici,oltre che la
grande passione locale: il football. Le due squadre cittadine, grazie all’enorme seguito, erano
cresciute nei decenni precedenti fino a diventare tra le realtà più grandi e di successo del Paese.
L’avvento di due nuovi tecnici sulle panchine di Everton e Liverpool a cavallo del cambio di
decennio aveva ridato lustro e competitività alle squadre.
Il 16 aprile il Liverpool FC, battendo in casa lo Stoke City 2-0, si laureava campione
d’Inghilterra per la settima volta, la seconda sotto la guida dell’iconico e carismatico Bill
Shankly, che stava trasformando per sempre le fortune del club di Anfield Road.
Sull’altra sponda l’Everton FC godeva al tempo del meritato appellativo di ‘school of science’,
affibiatogli dagli addetti ai lavori, da quando nel 1961 l’altrettanto carismatico (ma antitetico
rispetto a Shankly) Harry Catterick aveva preso posto nell’ufficio del manager a Goodison
Park.
Un titolo nazionale nel 1963, quattro secondi posti in sei stagioni, più un altro titolo nazionale
cha arriverà nel 1970 e altri piazzamenti nei primi 6 per una squadra che metteva tutti
d’accordo a suon di grandi prestazioni condite da un livello di classe non comune per gli
standard inglesi dell’epoca.
La stagione 1965/66 si rivelò però deludente per i ragazzi di
Catterick che non riuscirono ad emergere oltre il centro classifica.
L’ FA Cup fornì loro
l’occasione per un pronto riscatto al deludente cammino in campionato. Il 23 aprile, il sabato
seguente l’affermazione dei cugini in campionato, l’Everton battè il grande Manchester United
dei vari Stiles, Best, Law, Charlton e compagnia. 1-0 nella semifinale disputata a
nell’improbabile Burnden Park di Bolton, qualificandosi per la finale di Wembley del 14
maggio. Ad attenderli avrebbero trovato lo Sheffield Wednesday, l’ex squadra di Catterick.
Quel 14 maggio Eddie Cavanagh, sfegatato tifoso bianco blu, partì in treno per Londra insieme
alle decine di migliaia di altri tifosi che seguirono la squadra per la finale.
Un passato nelle
giovanili dell’Everton , alcuni dei giocatori che sarebbero stati in campo quel pomeriggio
furono suoi compagni di squadra, Eddie non era riuscito a sfondare ed aveva abbandonato il
calcio giocato.
La delusione non sminuì la sua passione per l’Everton anzi. Diventò un tifoso
accesissimo e seguì la squadra ovunque ogni sabato per anni ed anni, sempre presente in casa
ed in trasferta. Le uniche partite che non vide furono i derby giocati fuori casa in quanto si
rifiutò sempre di mettere piede in casa del nemico. In casa sua oltretutto, ogni cosa dai mobili
alle tende, dalle lenzuola, agli asciugamani era blu, come le maglie dell’Everton. Un tipo
originale il nostro Eddie, ma anche un simpaticone, gioviale, di compagnia.
Non poteva certo mancare, la prima finale di Coppa dell’Everton da prima della guerra!
La partita si mise subito male, al 4’ Mc Calliog portò il Wednesday in vantaggio, l’Everton
faticò a reagire, riuscì ad infilare il pari che fu giustamente annullato per offside e il primo
tempo si chiuse sull’1-0.
Alla ripresa del gioco l’attesa reazione dei Toffees non si materializzò
e dopo poco più di dieci minuti Ford infilò ancora la porta dei blu per il 2-0. Tripudio nei
settori occupati dai sostenitori giunti dallo Yorkshire, silenzio e sbigottimento tra i supporters
toffee.
Passano solo due minuti però e lo sconosciuto Trebilcock, schierato a sorpresa da Catterick al
posto del centravanti titolare (e nazionale inglese) Pickering, raccoglie in area un rimpallo e di
collo infila la rete del 1-2. Cinque minuti dopo ancora Trebilcock infila un bolide dal limite
nell’angolo basso per il 2-2. Esplode la gioia dei sostenitori dell’Everton e quella di Eddie a
quel punto è davvero incontenibile, in preda ad un orgasmo da gol che solo chi tifa e ha seguito
la squadra condividendone tonfi e trionfi può avere, e ben sorretto (probabilmente) dalle pinte
pre-partita, si fionda in campo in una corsa esultante, -mi sentivo una bicicletta al posto delle
gambe dirà poi-, completamente pazzo di gioia, vuole abbracciare i suoi idoli.
‘Vidi Trebilcock
per primo – disse ancora - corsi verso di lui. Beh non mi conosceva ma lo abbracciai
scaraventandolo a terra. Feci anche in tempo a passargli una raccomandazione per Gordon
West (il portiere): per l’amor del cielo non farne passare più’.
Due bobbies appostati a bordo
campo si lanciano all’inseguimento, il primo riesce a bloccarlo, gli prende la giacca, ma Eddie
con un colpo di genio se la sfila lasciando il poliziotto ad abbrancare il nulla e facendolo finire
per terra. Un boato si leva dagli spalti, Eddie continua la corsa verso la porta di West, è rimasto
in camicia e sfodera un fantastico paio di bretelle che passeranno alla storia.
Ma il secondo, più
giovane bobby non molla la presa, lo insegue, le pinte pre-partita si fan sentire, il bobby lo
rimonta e con un perfetto placcaggio da rugby lo stende al limite dell’area.’Dovrebbe giocare a
Twickenham’ commenta, memorabile, Kenneth Wolstenholme, storico telecronista.
Eddie si
gira di schiena sul prato e alza le braccia in segno di trionfo, lo rialzano, quattro poliziotti sono
su di lui, cercano rudemente di immobilizzarlo, ma accorrono anche West e il capitano dell’
Everton, Labone, che invitano i poliziotti a non maltrattare il tifoso.
Eddie viene così fatto riaccomodare in tribuna, accompagnato da un’enorme ovazione di tutto
lo stadio, da dove seguirà il finale di partita che gli riserverà un’ ultima grande gioia quando al
74’ Temple realizza, in contropiede, il gol della vittoria per l’Everton. Lo stadio esplode, un
altro spettatore, ottimamente vestito e con indosso un bellissimo impermeabile Acquascutum
salta in campo , corre all’impazzata, slalomeggia tra tre, quattro, cinque poliziotti. Placcato
(alto questa volta), viene ripreso e riaccompagnato sugli spalti.
Il settore, o meglio la metà
dello stadio riservata ai tifosi dell’Everton è in completo tripudio.
Poco o niente si sa del secondo invasore, ma Eddie Cavanagh si meritò quel giorno
l’immeritata fama di ‘primo hooligan’ nella storia del calcio.
Non era un uomo pericoloso,
semplicemente un tifoso, fanatico forse, ma il suo gesto fu solo ed esclusivamente dettato dalla
gioia più vera ed irrefrenabile. Fu sempre orgoglioso di quella finale, per tutta la vita tenne
quattro fotografie che lo ritraevano quel giorno incorniciate e appese sopra al caminetto.
La
sua passione per la squadra era totale, come già detto in casa sua tutto era blu, anche le
lampadine, perfino il ketchup era bandito dal tavolo per via del colore. Viveva, mangiava e
respirava Everton.
Ma era una persona a posto, andava in trasferta in treno, pagava il biglietto del treno e quello
dello stadio , il suo comportamento alle partite fu sempre corretto.
Lavorava e aveva famiglia.
Sempre vestito in giacca e cravatta, magari di modesta qualità, ma always sharp. Ed è per
questo che ancora il suo ricordo vive ed è apprezzato, non solo tra gli evertoniani ma tra tutti
gli appassionati di calcio, tra i quali mi ci metto anche io che, aggiungo, lo ritengo una specie
di mod, sia per l’aspetto ma soprattutto, visto che non poteva esserlo data l’età ,per lo stile di
vita comunque sempre dignitoso.
Clean living under (maybe sometimes) difficult circumstances.
Bellissima questa breve sintesi a colori, bellissime le immagini dagli spogliatoi nel pre-gara,
splendide le divise dei calciatori, incredibili le ceste da pic-nic con dentro le scarpe dei
giocatori, splendidi i 100.000 di Wembley, bellissimo il pallone arancione (Slazenger
Challenge 4 Stars, lo stesso della finale mondiale di due mesi dopo), bellissime alcune
inquadrature della partita, bellissimo il difensore del Wednesday a terra, distrutto, dopo il terzo
gol subito. E grandissimo Eddie Cavanagh .
https://www.youtube.com/watch?v=p71DzBVSmcI
La Principessa Margaret consegna infine l’ambitissimo trofeo nelle mani del capitano Labone
che, dopo aver salito i famosi 39 gradini insieme ai compagni di squadra, lo alza al cielo
tenendolo con due mani, un gesto semplice, bello, senza clamori, per la gioia dei sostenitori
presenti, tra i quali Eddie, sperso ormai tra la moltitudine sulle gradinate ma sicuramente
esultante.
Cheers
Another fucking sad day for football
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