27 GENNAIO GIORNATA DELLA MEMORIA; RICORDO DEL PROFESSOR RAFFAELE JAFFE

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In occasione della giornata della memoria, il ricordo di uno sportivo che rimase vittima delle persecuzioni naziste. 
Non un’atleta questa volta, ma un dirigente. Uno sportivo vero nell’animo e nella passione. Il suo entusiasmo , il suo impegno e i suoi sforzi resero possibile una delle più mirabolanti imprese che il calcio italiano dell’epoca pionieristica, ma forse anche in assoluto, abbia mai visto. 

Si tratta di Raffaele Jaffe, illustre professore di chimica dell’Istituto Leardi di Casale Monferrato, il più antico d’Italia, entrato nei cuori di migliaia di tifosi e nella storia del calcio italiano. Era nato ad Asti nel 1877, da famiglia ebraica. Dopo gli studi ginnasiali si laurea in chimica e scienze naturali e abbraccia la carriera di insegnante. Ottiene così la cattedra all’Istituto Tecnico Leardi. Uomo dotato di grande personalità e vitalità, non amava le mezze misure, quando decideva di fare qualcosa non era consigliabile metterglisi di traverso. di esprimere le proprie opinioni, sempre assai Durante i suoi primi anni di insegnamento infatti, non rientrando il calcio tra i suoi interessi, non perse occasione di far notare come alcuni sprecassero il loro tempo nel rincorrere una palla invece di dedicarlo allo studio. Sfaccendati che ragionano coi piedi a suo dire. Un pomeriggio d’autunno però, rientrando in città da una passeggiata in campagna, Jaffe si imbatte in gruppetto di suoi studenti che camminano spediti in direzione opposta. I ragazzi salutano l’insegnante, probabilmente con quel po di sfrontatezza consentita dal luogo insolito, fuori dal contesto scolastico, tipico dell’età. Il professore chiede quindi dove stessero andando invece di essere in casa a studiare. Due tra i più spigliati del gruppo, Luigi Cavasonza e uno dei fratelli Gallina, gli rispondono che si stanno recando a Caresana, poco distante, per assistere ad un’ incontro di calcio. Jaffe manifesta la propria disapprovazione, ma i ragazzi insistono e lo invitano ad unirsi a loro, dicendogli che gli piacerà. Non si sa bene se di malavoglia o meno, Jaffe acconsente. E rimane folgorato. Questa nuova disciplina accende la fantasia del Professore che rimane affascinato dalle traiettorie della palla sull’ erba (non si sa bene se ci fosse davvero) e dalle eleganti movenze dei giocatori, comincia a fantasticare . E si, perché come nel suo carattere, il Professor Jaffe si infervora facilmente e altrettanto facilmente passa all’azione. Non passano che pochi giorni e il professore contatta a scuola il gruppetto di Caresana e gli propone di fondare una nuova squadra di calcio, Casale ne è sprovvista, per riprendere il filo lasciato dalla Robur, costretta a cessare l’attività dopo un paio di stagioni tra il 1904 e il 1906. Un uomo d’azione il professore, ma per l’appunto anche un uomo di studio. Non gli è difficile quindi ricostruire la situazione calcistica piemontese e nazionale, dell’epoca e notare come, con suo grandissimo sdegno, gli acerrimi rivali della vicina Vercelli fossero i dominatori della pedata italiana con la loro formidabile squadra, la Pro. Indice quindi un’assemblea, presso l’Istituto Leardi per il pomeriggio del 17 dicembre 1909, ore 17,15, con il fermo proposito di fondare una squadra di calcio che abbia come scopo principale quello di contrapporsi allo strapotere vercellese. Fu una riunione tumultuosa. Fedele al suo carattere, e al nuovo fervore calcistico che lo aveva da poco conquistato, Jaffe la mise subito sul piano del campanile, colse nel segno e fu un delirio. Casale Monferrato ha una storia cittadina che data prima dell’Anno Mille , con un percorso di subalterna sottomissione a Vercelli e al suo vescovato, sempre mal tollerato , ma anche di grande orgoglio e spirito indipendentista che ne hanno causato dapprima sofferenze e successivamente un fiorente sviluppo civile ed economico. La sua fu un’arringa appassionata che scaldò i cuori e infuocò gli animi. Toccò il culmine ricordando ai presenti dell’assedio di Casale operato dai vercellesi nel 1215, quando, unitamente a forze milanesi ed alessandrine preponderanti, incendiarono la città , la distrussero, facendo strame di uccisioni e con essa lo sviluppo civico-commerciale conseguito che cominciava ad infastidire la sede vescovile, e i loro alleati. Benchè poi la vicenda fu vendicata in seguito, quando i casalesi fecero tabula-rasa di Vercelli con l’assalto del 1403, ecco che: ‘Ancora oggi - nelle parole di Jaffe – è necessario contrapporci al nostro rivale storico per interromperne l’egemonia nazionale sui campi di calcio.’ ‘Hanno già vinto un campionato e presto vinceranno il secondo.’ – continuò – ‘ Vanno fermati. Chi altri, se non noi?’ L’intervento del Professore fu accolto da urla di approvazione e anche dal rimprovero, non espresso, dal preside dell’Istituto che, sebbene fosse stato un sostenitore dello sviluppo dell’attività calcistica tra gli studenti quando ancora Jaffe era assolutamente contrario, vedeva ora questa assemblea come un’insana manifestazione di campanilismo e un’esibizione personale di Jaffe, che poteva assumere contorni pericolosi o peggio,finire fuori controllo. I due tra l’altro non si amavano, troppo diversi. L’assemblea si concluse con l’ormai famosa domanda rivolta da Jaffe all’assemblea: ‘Di che colore sono le maglie dei vercellesi?’ ‘Bianche!’ – risposero i ragazzi all’unisono. ‘Benissimo. Noi le avremo nere!’ – chiuse Jaffe trionfante. Una dichiarazione di guerra a tutti gli effetti. Sulle casacche nere venne appuntata una stella bianca, beneaugurante, che Cavasonza aveva originariamente preparato per le maglie della defunta Robur, della quale era stato, con Gallina, giocatore. Nascita di un mito. I primi tempi non furono semplici, molte sconfitte, e qualche ripensamento, in Jaffe, sul fatto se fosse il caso di continuare e se davvero un giorno sarebbero arrivai a contrastare l’egemonia delle Bianche Casacche. Ad ogni modo la squadra viene iscritta al campionato di III Categoria Piemontese per la stagione 1909. Nel gironcino iniziale i nero stellati hanno la meglio sulla Veloces Biella, superati per 2-0 sul campo di casa, e si qualificano alla finale, nella quale affrontano la terza squadra del Torino. Il confronto, su due partite vede l’affermazione del Casale. Vittoria per 3-2 a Torino e successo per 2-0 tra le mure amiche, che vuol dire campioni piemontesi di Terza Categoria. La strada per arrivare al confronto con i fortissimi vercellesi è ancora lunga, ma senz’altro è iniziata nel migliore dei modi. Jaffe lavora instancabilmente dietro le quinte per un grande Casale, per la stagione successiva, 1910/11. Nel pre stagione la squadra partecipa e vince, la Coppa d’Argento a Caresana, battendo la quotata US Milanese. La dirigenza, dietro spinta del professore, chiede l’iscrizione alla I Categoria, ma la federazione rigetta la domanda. Bisogna quindi accontentarsi del campionato piemontese di II Categoria, una più su dell’anno precedente. Il campionato comincia nel migliore dei modi con una vittoria esterna sul campo delle riserve della Pro Vercelli per 2-1 reti di Beretta e Varese. Due pareggi e una sconfitta nei restanti incontri con le riserve della Juve e nel ritorno con le riserve dei bianchi, che batteranno la Juve, vedono i nerostellati chiudere al secondo posto, dietro, manco a dirlo, alle riserve degli odiati vercellesi. Ancora dubbi sulle possibilità di riuscita della sfida alla grande Pro e contemporaneamente l’esclusione dal campionato di I Categoria per il 1912/13. Nel frattempo il professore, nel suo instancabile ruolo di promotore del Casale FBC entra a far parte dei ranghi dirigenziali della FIGC, e da li comincia a perorare la causa dell’ammissione nerostellata alla massima divisione nazionale. Nella sua qualità di consigliere, avanza nuovamente richiesta di ammissione, la federazione nicchia di nuovo, Jaffe insiste e alla fine otterrà il sospirato beneplacito a condizione di superare il Libertas Milano su doppio confronto. La vincente verrà promossa in I Categoria. La doppia sfida ha luogo tra il 24 e il 27 settembre 1911, 10 giorni prima dell’inizio del campionato. Per i vincenti è già pronto in calendario l’incontro con l’Internazionale di Milano, Campione d’Italia in carica. Il primo incontro a Casale termina in parità, 1-1 apre Beretta per i padroni di casa, risponde Radice per i milanesi, tutto è rimandato alla partita di ritorno a Milano. Il 27 settembre sul campo di via Bersaglio, oggi via Tempesta a Milano, il Casale parte forte e fa centro con Sarasso al 25’. La partita viene controllata dai nerostellati, apparsi più forti dell’avversario che comunque nel finale di partita prende d’assalto la porta casalese, senza però riuscire a marcare il punto del pari. In serie A ci va così il Casale per la gioia del professor Jaffe che vede così realizzarsi il sogno di due anni e mezzo prima. Almeno parzialmente. L’articoletto apparso sulla Stampa del giorno dopo, avverte però, dopo le meritate congratulazioni per la vittoria, che la nuova compagine sarà attesa da un’arduo compito nella categoria superiore visto il valore delle contendenti. Non sbagliavano. L’impatto con la massima serie è traumatico, sconfitta interna per 0-3 contro l’Inter alla prima giornata, seguita da un nuovo tonfo, questa a volta a Torino sul campo del Piemonte, che chiuderà ultimo, per 2-1. La Pro Vercelli di contro vince sul campo dell’Andrea Doria per 2-0 alla prima e pareggia in casa col Milan alla seconda. Seguono quindi altre cinque sconfitte , incluso un 3-0 a Vercelli, prima della prima, sospirata vittoria alla nona e penultima giornata del girone di andata, 2-1 in casa contro l’US Milanese, cui seguirà un ottimo pareggio per 2-2 in cassa della Juventus, non ancora superpotenza. Le cose miglioreranno leggermente nel girone di ritorno , il Casale chiuderà al sesto posto con 15 punti , meno della metà della Pro Vercelli che si laurea ancora Campione d’ Italia, quattro in più della Juventus.

Da ricordare il successo in casa dell’Inter e un magari lento, ma costante miglioramento delle prestazioni della squadra. Nel 1912/13 le cosa vanno un po meglio e, nel ristrutturato campionato, il Casale finisce secondo nel girone eliminatorio piemontese dietro agli insormontabili bianchi vercellesi. Il piazzamento vale comunque la qualificazione al girone finale Alta Italia che verrà chiuso al quarto posto (su sei). La Pro Vercelli si laurea campione d’Italia ancora una volta, e fanno cinque. L’ascesa della squadra verso i vertici del calcio nazionale a questo punto è una realtà. Ne è testimone, insieme al famoso scudetto dell’anno dopo, un episodio, una partita che rimane una pietra miliare nella storia del calcio italiano. Nella primavera del 1913, per la prima volta, una squadra di club inglese compie un tour nel nostro paese. Usanza assi diffusa nella terra dei maestri del calcio di inizio novecento, l’Italia era però sempre stata snobbata come meta estera per le compagini britanniche. E continuava ad esserlo ancora, perché, nonostante la stampa del periodo descrivesse il Reading FC come squadra della massima serie inglese, alcuni mezzi di informazione addirittura come vice-campioni inglesi, questi non’eran altro che una compagine semiprofessionistica militante nell’allora Southern League, campionato non facente parte della Football League. Si trattava comunque ,ufficiosamente, della III Divisione inglese. I bianco blu del Berkshire si presentarono al Priocco il 14 maggio del 1913 per affrontare i nerostellati avendo giocato due partite in due giorni (l’11 e il 12) contro Genoa (4-2) e Milan (5-0). Partita, manco a dirlo attesissima. Sospinti da un immenso orgoglio, quell’orgoglio che il professor Jaffe aveva instillato nei suoi ragazzi fin dal primo giorno, i nerostellati vinsero 2-1 diventando così la prima squadra italiana a battere una squadra inglese. Forse le dimensioni del campo , 90x45m, aiutarono, forse anche tre giocatori tenuti a riposo dagli inglesi, fatto sta che l’impresa era compiuta. Non mancarono a fine gara i sinceri complimenti degli ospiti ai giocatori nerostellati ai quali riconobbero indubbio merito. Negli incontri che seguirono il Reading strapazzò l’onnipotente Pro Vercelli con un sonoro 6-0, prima di chiudere con una vittoria all’Arena di Milano per 2-0 contro la Nazionale. L’impresa lasciò il segno, in positivo, sulla squadra che andò incontro alla stagione successiva con ritrovate convinzioni. 

La partenza del Casale nel campionato 1913/14 è sparata. Vittorie in serie e prestazioni convincenti con una qualità di gioco espressa notevole, la nuova sconfitta sul campo di Vercelli alla quinta giornata non intaccò il primato in classifica. Il girone Ligure-Piemontese viene chiuso al primo posto a pari punti con il grande Genoa. 
Nel girone finale Alta Italia, si rinnova la sfida con i rossoblu e, miracolosamente, sono ancora i nero stellati ad avere la meglio. Battono il Genoa in trasferta alla prima giornata e si aggiudicano poi il primo posto con 16 punti, due in più degli anglo- liguri, fermi a quota 14. 
Manca ancora un’ultima tappa per la conquista del titolo nazionale, la finale con la Lazio, è chiaro però a tutti gli sportivi casalesi, ma anche piemontesi e del Nord Italia in generale che si tratterà di una formalità. 
Infatti le due partite si risolvono in un trionfo anche nelle proporzioni del punteggio: 7-1 nella gara di andata al Priocco e altra vittoria , 2-0, nel ritorno a Roma. Per il professor Raffaele Jaffe si chiude così la rincorsa personale a quella supremazia sui cuginastri vercellesi, fortemente voluta, fortissimamente inseguita e clamorosamente ottenuta nel volgere di appena quattro anni e mezzo. 
 Questi i ragazzi scesi in campo in quell’epica stagione: Gallina I; Maggiani, Scrivano; Rosa, Barbesino, Parodi; Caire, Mattea, Gallina II, Varese e Bertinotti. Oltre a questi titolari scesero inoltre in campo anche Siviardo, Ravetti, Ferraris e Ghena. 


Per loro il premio di un viaggio di ritorno in seconda classe (anziché la solita terza) e un cestino pranzo alla stazione di Livorno. 

All’arrivo alla stazione di Casale una folla numerosissima e festante portò in trionfo i propri eroi e l’artefice di quel successo. Il Professore e i suoi cari ragazzi del Leardi. Un successo che, oltre a rappresentare lo zenit calcistico del Casale, segnò anche l’inizio del disimpegno di Jaffe dai ruoli dirigenziali in società. 

Avendo già passato la mano in presidenza a Oreste Simonotti, il professore rimase come semplice componente del consiglio societario, sempre comunque pronto a dare una mano e sempre in prima fila a seguire le imprese dei nerostellati, la sua creatura. 
Dopo la guerra, nel 1919, abbandona ogni incarico dirigenziale, rimanendo un semplice tifoso. La sua parabola calcistica era compiuta. 

 Nel 1927, non più giovanissimo, si sposa con Luigia Ceruti, cattolica, molto più giovane di lui e anch’essa insegnante. Inizia un lungo processo interiore di conversione al cattolicesimo che lo porterà, dieci anni dopo, al battesimo. 

La squadra nel frattempo si mantiene in prima divisione, ma non riesce più a inserirsi nella lotta al vertice. 
Con la legalizzazione del professionismo, le squadre delle grandi città cominciano a saccheggiare le provinciali, offrendo ai migliori giocatori ingaggi irrinunciabili. Così se ne vanno da Casale prima Monzeglio, destinazione Bologna e poi Caligaris nel ’28, alla Juventus. La brillante stagione appena conclusa con la qualificazione al girone finale nazionale non si ripete e nel ’29 il Casale si classifica decimo, posizione che non basta a garantirsi un posto alla prima Serie A a girone unico. 

Fedeli comunque a quel carattere forte e battagliero che li contraddistinse fin dalla formazione, secondo gli insegnamenti di Jaffe, i nero stellati vincono la prima edizione della serie B e vengono promossi in serie A. Vi rimarranno per quattro stagioni, le ultime giocate a grande livello. Intorno però,la situazione italiana peggiora. 

Nel 1938 il regime fascista promulga le tristemente famose leggi razziali che estromisero il Prof. Jaffe dall’insegnamento e da ogni incarico nella vita pubblica, che pure a Casale Monferrato vantava una nobile tradizione in fatto di partecipazione della comunità ebraica. 

Sul finire del XV secolo infatti, arrivarono qui i primi gruppi di ebrei in fuga dalla Spagna. La comunità, accolta favorevolmente, poté crescere e svilupparsi diventando un tassello importante del tessuto cittadino: ne è testimonianza la bella sinagoga barocca, costruita nel 1595 e tuttora sede di eventi culturali di grande rilievo. 

La Comunità ebraica partecipò in modo determinante al processo risorgimentale dell’Unità d’Italia contribuendo in modo sostanzioso a finanziare la prima guerra d’indipendenza nel 1848 meritandosi la gratitudine di Carlo Alberto che proprio in stretta interlocuzione con la comunità ebraica cittadina scrisse l’Editto di Emancipazione emanato in quello stesso anno. 

Anche nel civile Piemonte dunque, ebbe luogo la persecuzione nazifascista gli ebrei . A Casale e dintorni furono decimati ma importanti sono gli esempi di casalesi entrati nel Libro dei Giusti per aver rischiato la vita per salvarli. 

Raffaele Jaffe, che nel frattempo era divenuto Preside dell’Istituto Magistrale Lanza venne espulso dalla scuola, colpevole di essere nato ebreo, dopo aver passato la vita ad insegnare, ad accalorarsi per la causa degli studenti, dai quali era amatissimo e visto come una specie di guida, sempre disponibile, sempre attento ai bisogni di chi ne avesse. 
Visse in disparte per la maggior parte di cinque anni, senza la possibilità di lavorare. Fino al 16 febbraio 1944 quando le infami brigate nere lo arrestarono in casa sua, probabilmente senza averne diritto vista la conversione del ’37. Magari qualcuno tra gli squadristi si esaltò pure per le imprese calcistiche della sua creatura ai tempi dello scudetto o degli incontri domenicali. 

Fu sbattuto in cella nel carcere cittadino, a pochi metri dal Leardi, da quelle aule da dove era partito, anni prima, il grande sogno nerostellato. Da qui cominciò invece, purtroppo, il suo incubo. 

Fu spedito senza cerimonie al campo di concentramento di Fossoli dove rimase prigioniero per 6 mesi, aveva 67 anni. In cuor suo era convinto che la sua situazione si sarebbe risolta. Era un cattolico dopotutto. Dalla prigionia fece di tutto per cercare intercessione, ma i suoi tentativi non ebbero successo. 
Intanto il tempo passava e la sua situazione rimaneva in sospeso mentre da Fossoli partivano convogli composti da carri bestiame, stipati di prigionieri, destinazione Polonia. Mantenne grande presenza di spirito grazie anche allo fitto scambio di lettere con la moglie che costituì per lui fondamento indispensabile nel tirare avanti di ogni giorno. Una preziosa testimonianza oggi custodita dagli archivi della comunità ebraica. 
In agosto la feroce ritirata della Wermacht dalla linea gotica costringe le autorità nazifasciste a sgombrare il campo di Fossoli che si trasferisce a Bolzano. 
Parte dei prigionieri viene dirottata su quel campo. Non il Professore, la cui destinazione di viaggio è Auschwitz. Vi arriva la sera del 6 agosto dopo un viaggio infernale, rannicchiato in pochissimo spazio, senz’acqua, senza mangiare, quasi senza’aria. 

Com’era diverso da quel viaggio dell’estate di trent’anni prima. ‘Cos’era successo al mondo?’ 

Quando il carro bestiame spalanca il portello viene spinto giù dal vagone, cade battendo la testa sul marciapiede, gli occhiali si rompono. ‘Troverò qualcuno che mi li sistemerà’ – mormora tranquillamente, nonostante tutto. 

Il pomeriggio seguente è sottoposto alla spietata selezione degli aguzzini nazisti. Non la supera. 
La mattina dell’ 8 agosto 1944 Raffaele Jaffe, illustre Professore, membro emerito della comunità ebraica di Casale Monferrato, marito e padre affezionato, nonché fondatore del Casale Foot Ball Club campione d’ Italia 1914, viene mandato alle docce.

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